Alcuni sintomi durante la gravidanza non devono mai essere sottovalutati, poiché potrebbero indicare una minaccia imminente di parto pretermine. Dolori addominali, perdite rosate e contrazioni uterine sono segnali che richiedono attenzione immediata.
In presenza di questi sintomi, è fondamentale rivolgersi tempestivamente al Pronto Soccorso per essere visitate e sottoposte ad approfonditi esami diagnostici, sia ematici che strumentali, ed eventualmente essere indirizzate a una rete di centri di cura dedicati.
Di queste tematiche ho avuto modo di occuparmi anche recentemente, con perizie in contenziosi per danno medico, in qualità di ginecologa forense.
Esami diagnostici per il rischio di parto pretermine
Per valutare il rischio di parto pretermine, oltre a una tocografia per verificare la presenza di contrazioni uterine, si eseguono il test della fibronectina fetale (fFN) e la cervicometria, che misura la lunghezza del collo dell’utero.
La fFN è una glicoproteina la cui misurazione può essere utilizzata per valutare il rischio a breve termine di parto prematuro. Normalmente presente nelle secrezioni cervicovaginali fino alla 22esima settimana, non dovrebbe essere rilevabile tra la 22esima e la 35esima settimana di gravidanza. Livelli elevati di fFN in questo periodo sono associati quindi a un rischio aumentato di parto pretermine.
In caso di esito positivo dei test
Se i test effettuati in ospedale risultano positivi e mostrano determinati parametri, si procede al ricovero della futura mamma in un centro di 2° o 3° livello per la gestione dei grandi prematuri, dove si possono eseguire trattamenti adeguati per prolungare la gestazione.
In caso di esito negativo o parziale
Se i risultati sono negativi o parziali, dopo un’attenta valutazione del rischio, dei segni e dei sintomi attraverso la visita ostetrica e un periodo di osservazione di almeno un paio d’ore, la paziente può essere rivalutata e dimessa per tornare a casa, secondo il protocollo.
Principali terapie in protocollo per prolungare la gravidanza
La letteratura offre diverse raccomandazioni per la gestione della minaccia di parto prematuro, iniziando dalla corretta identificazione e trasferimento tempestivo della paziente a rischio in una struttura adeguata. Ogni giorno in più di permanenza in utero del feto riduce infatti le complicanze e i rischi collegati alla prematurità.
Ecco le principali indicazioni, che a seconda dei casi possono essere seguite singolarmente o in associazione:
- Tocolitici
- Utilizzare farmaci tocolitici se c’è una diagnosi chiara di minaccia di parto pretermine entro le 34.6 settimane (II A).
- I tocolitici sono raccomandati solo se un ritardo di 2-7 giorni può essere sfruttato per interventi che migliorano gli esiti neonatali.
- Non è utile prolungare la terapia tocolitica oltre le 48 ore.
- Cerchiaggio cervicale di emergenza
- Può prolungare la gravidanza fino a 34 giorni.
- Controindicazioni includono travaglio inarrestabile, corioamnionite e rottura delle membrane.
- Ciclo di corticosteroidi
- Raccomandati per donne a rischio di parto prematuro tra 24 e 34+6 settimane di gestazione (I A).
- Per gestazioni inferiori a 24 settimane, valutare caso per caso (II-2 B).
- Raccomandati se il parto prematuro è previsto entro 24 ore fino a 7 giorni dopo il trattamento (II-1 A).
- Progesterone
- Raccomandato per donne asintomatiche con cervicometria ridotta (10-20 mm) tra 19 e 23.6 settimane.
- Somministrare progesterone vaginale micronizzato da 19 a 36.6 settimane.
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A cura della Dott.ssa Chiara Riviello