Trattandosi di una malattia estrogeno-dipendente, un ruolo cardine è svolto dai farmaci ormonali con l’obiettivo di ottenere una riduzione o assenza delle mestruazioni (trattamento continuativo), con conseguente soppressione della attività ovulatoria. Tale terapia è pertanto incompatibile con la ricerca di una gravidanza ed ha una efficacia limitata al periodo di assunzione. Molto usati in passato o nei casi resistenti alle terapie estro progestiniche, o quando queste sono controindicate, gli agonisti del GnRH (mensili o trimestrali) che si sono dimostrati molto efficaci nel determinare la progressiva atrofizzazione delle lesioni. Tuttavia, per gli effetti collaterali legati alla induzione di una menopausa temporanea (vampate, secchezza vaginale, riduzione della libido) e per la possibile riduzione della massa ossea (osteoporosi), il trattamento non è prolungabile per oltre 6 mesi.
Farmaco di prima scelta è l’estroprogestinico (classica pillola contraccettiva), che ha lo scopo di ridurre la attività ovarica e la produzione di estrogeni con conseguente inibizione della crescita degli impianti endometriosici, riduzione della quantità della perdita ematica mestruale e della contrattilità uterina. La assunzione in regime continuativo, senza la settimana di pausa e quindi della mestruazione da sospensione, è risultata più efficace, rispetto alla classica somministrazione sequenziale.
Molto efficaci e ampiamente utilizzati sono i progestinici, che vengono assunti in regime continuativo e hanno l’obiettivo di ridurre la attività ovarica creando un quadro di ipoestrogenismo. Inoltre hanno una azione antiinfiammatoria e inibiscono la crescita del tessuto endometriale ectopico. Le formulazioni per via orale comprendono il dienogest, da poco disponibile anche in Italia, che si è mostrato efficace quanto gli analoghi del GnRH nel controllo del dolore, ma con scarsi effetti collaterali, il noretisterone acetato, il medrossiprogesterone acetato, e il desogestrel. I progestinici possono essere sommnistrati anche per via vaginale o sottocutanea o possono essere rilasciati da dispositivi intrauterini (IUD al levonorgestrel). Quest’ultimo in particolare, può essere indicato in pazienti che non possono assumere prodotti ormonali, per il suo impatto minimo, e sopratutto, per il trattamento della dispareunia profonda e delle meno metrorragie nelle pazienti affette da adenomiosi uterina non desiderose di prole. Ampiamente utilizzato in passato, il danazolo è un farmaco androgenico che agisce sia sui recettori per gli estrogeni sia su quelli per il progesterone, con effetti antiinfiammatori e antiangiogenici. I suoi principali effetti collaterali legati all’aumento degli androgeni sembrano ridursi con la somministrazione per via vaginale o rettale.
Ad oggi sono molteplici gli studi volti alla ricerca di nuove molecole in grado di combattere l’endometriosi sia in termini di progressione della malattia sia in termini di trattamento dei sintomi. Tra questi gli inibitori della aromatasi che è quell’enzima che converte gli androgeni in estrogeni, i modulatori del recettore del progesterone (SPRMs), già ampiamente usati nel trattamento dei miomi, gli inibitori delle prostaglandine, che hanno lo scopo di ridurre l’infiammazione, e gli antagonisti del GnRH in formulazione orale giornaliera, che si stanno dimostrando molto efficaci nel controllo del dolore.