Le gonadotropine (hMG, FSH purificato, FSH ed LH ricombinanti) sono attualmente i farmaci più comunemente utilizzati per l’induzione dell’ovulazione nelle tecniche ART. Il loro impiego permette il contemporaneo reclutamento di più follicoli in ogni ciclo stimolato. Il protocollo standard di stimolazione prevede dosi di gonadotropine di 225-300 UI al giorno. Il dosaggio può variare in base alla risposta ovarica e ai livelli di estradiolo. L’obiettivo dell’iperstimolazione ovarica controllata con gonadotropine è quello di ottenere numerosi ovociti maturi, così da incrementare le possibilità di ottenere un adeguato numero di embrioni per il transfer intrauterino. Gli embrioni cosiddetti “in eccesso” possono essere crioconservati ed impiegati in cicli successivi non stimolati, riducendo in tal modo il costo globale della ART per singola gravidanza.
Lo sviluppo di multipli follicoli si associa ad elevati livelli sierici di estradiolo. Ciò può condurre ad un picco prematuro di LH con luteinizzazione precoce dei follicoli ed ovulazione prematura, cioè prima che sia possibile procedere al prelievo ovocitario.
È per questo motivo che è attualmente di uso comune l’aggiunta di analoghi agonisti del GnRH ai regimi di induzione dell’ovulazione per ART. Il meccanismo di questi farmaci consiste nella down-regulation dei recettori ipofisari per il GnRH con conseguente blocco della funzione gonadotropa ipofisaria e impossibilità di ovulazione spontanea.
Nelle procedure di ART, inoltre, è utile l’impiego di un supporto della fase luteale, con progesterone alle dosi di 50-100 mg/die per 14 giorni, iniziando dopo il prelievo ovocitario. In genere viene effettuato 36 ore dopo la somministrazione dell’hCG.
La tecnica attuale prevede l’agoaspirazione follicolare ecoguidata con sonda transvaginale.