Avere perdite di sangue in gravidanza è motivo di grande ansia, giustamente. Non sempre comunque si tratta di eventi avversi, molto dipende dai sintomi correlati e dall’epoca gestazionale. Come riconoscere quando sono gravi e quali rischi si corrono? Vediamo nel dettaglio.
Perdite in gravidanza
Le perdite di sangue in gravidanza rappresentano un evento relativamente comune. Si stima che ne soffrano almeno una donna su quattro, ma nella maggioranza dei casi senza conseguenze. Solo la metà di coloro che sviluppano sanguinamento, soprattutto nelle prime settimane di gestazione, andrà incontro a problemi come l’aborto spontaneo. Per valutare la tipologia di rischio comunque è fondamentale fare riferimento all’epoca gestazionale: molte differenze sussistono infatti tra le perdite entro la ventesima settimana e quelle successive. Sia che si tratti di una gravidanza avvenuta con un concepimento naturale, che tramite un percorso di fecondazione assistita, è comunque sempre necessario contattare prontamente il proprio medico ginecologo per un’accurata valutazione del caso, in qualunque periodo della gravidanza.
Perdite in gravidanza, le cause
Prima della 20 esima settimana di gravidanza, le cause di perdite ematiche vaginali possono essere le seguenti:
- Sanguinamento da impianto: in genere si manifesta tra la quarta e la quinta settimana; avviene nel momento in cui l’embrione si annida nell’endometrio (il rivestimento interno dell’utero), rompendo qualche piccolo vaso sanguigno. Non è pericoloso e si risolve da solo in poche ore o in qualche giorno.
- Aborto spontaneo: la perdita di sangue ne rappresenta il campanello d’allarme più rappresentativo specialmente nelle prime 12 settimane di gestazione; raramente ha una causa definibile.
- Gravidanza ectopica o extrauterina: il frutto del concepimento inizia a crescere fuori dall’utero (ad esempio nelle tube di Falloppio); ciò può comportare la rottura degli organi coinvolti e sanguinamento copioso, una vera e propria emorragia, caratterizzata anche da forti dolori.
Dopo la 20 esima settimana il sanguinamento è invece comunemente dovuto a problemi della placenta, come i seguenti:
- Placenta previa: questa si sviluppa, con tutto il peso del bambino e del liquido amniotico, in posizione bassa, in prossimità della cervice uterina. Contrazioni ed apertura del collo dell’utero possono indurre perdite ematiche.
- Distacco della placenta dall’utero: il sanguinamento è di solito correlato ad un dolore addominale improvviso e forte.
Altre cause, meno frequenti e che meritano comunque l’attenzione dello specialista in ginecologia, possono provocare perdite di sangue in gravidanza. Queste sono:
Perdite in gravidanza, quando sono gravi e rischi che si corrono
Nel primo periodo della gravidanza il rischio maggiore è quello dell’aborto spontaneo. Purtroppo una volta innescato non esiste una terapia che possa salvare il feto e spesso non c’è una causa ben definita. Quindi è importante non colpevolizzarsi per ciò che si è fatto o non si è fatto. Si tratta solitamente di un embrione che non riesce a svilupparsi adeguatamente ed in una sorta di selezione naturale, muore. È importante verificare con il ginecologo che non rimangano nell’utero frammenti di tessuto, onde scongiurare un’infezione. Per questo talvolta può essere necessario un raschiamento.
Estremamente seria è invece la gravidanza extrauterina, non solo per il feto, che di fatto non potrà svilupparsi, ma anche e soprattutto per la vita della donna. Questo evento è associato a sanguinamento vaginale, dolore acuto, spesso dovuti alla rottura di una tuba e va considerato un’emergenza medica: occorre intervenire subito con un intervento chirurgico.
La placenta previa rappresenta invece un rischio maggiore per il bambino: si può manifestare dopo le 28 settimane e può comportare una nascita prematura, con parto cesareo. Lo stesso dicasi per il distacco di placenta: il sanguinamento ed i rischi correlati dipendono dall’entità del danno, per cui si può intervenire con una nascita prima del tempo oppure con un semplice ed accurato nonché monitorato riposo.
Perdite in gravidanza, cosa fare?
La cosa migliore da fare è quella di rivolgersi al proprio medico ginecologo oppure, se i sintomi sono correlati ad una gravidanza ectopica, direttamente ad un pronto soccorso. Il professionista per definire le cause potrà eseguire una visita, un’ecografia, ed analisi del sangue. La prima servirà per una valutazione generale. L’ecografia è invece comunemente mirata in questi casi a definire la situazione della placenta, la presenza di una gravidanza extrauterina, il battito cardiaco fetale: l’obiettivo diagnostico cambia in base all’epoca gestazionale. Solitamente nei primi mesi è consigliata anche un’analisi del sangue atta a dosare i livelli di gonadotropina corionica umana (hCG): se sono bassi è probabile che si sia in presenza di un aborto spontaneo. I trattamenti dipendono dalla diagnosi.