Uno dei principali ostacoli alla fecondazione in vitro (IVF) è la selezione dei migliori embrioni da scegliere; tuttavia, grazie a uno studio dell’UC San Diego, potremmo rendere le procedure più semplici.
La co-autrice senior H. Irene Su è molto ottimista circa i risultati delle loro ricerche: ogni anno, migliaia di persone cercano il trattamento in vitro, per far fronte ai, ormai comuni, problemi di infertilità. Vi basti pensare che una persona su sei potrebbe avere problemi a concepire una creatura; mentre negli Stati Uniti d’America si è constato che, per le donne di età inferiore ai 40 anni, il tasso di natalità è solo del 20-40%.
Certo, da quel fatidico 1978, la medicina riproduttiva ha fatto passi davvero impressionanti; tuttavia, il “travaglio”psicologico, fisico ed economico si presenta ancora con prepotenza.
“In questo momento, il modo migliore che abbiamo per prevedere l’esito dell’embrione implica osservare i campioni e analizzare le caratteristiche morfologiche o prelevare alcune cellule dall’embrione per esaminare la composizione genetica, entrambi i quali presentano dei limiti”, ha spiegato Su.
Negli ultimi due decenni, sono state scoperte piccole molecole di RNA rilasciate dalle cellule, chiamate exRNA, la cui funzione non è ancora chiara, ma il co-autore senior Sheng Zhong pare abbia trovato un’effettiva applicazione.
Ad esempio, si è notato che, nelle cinque fasi di sviluppo, gli embrioni rilasciano determinati quantitativi di exRNA, permettendo agli studiosi di tracciare una traiettoria di crescita dell’embrione.
Ovviamente, ci vorrà un po’ prima che questo metodo non invasivo diventi routine per la medicina riproduttiva; tuttavia, pare davvero che “gli exRNA possono essere utilizzati per prevedere una buona morfologia”, ma le verifiche non sono state ancora completate per il debutto, secondo quanto affermato da Su.